Con la sentenza n. 6737, depositata il del 12 febbraio 2018 (udienza del 23 novembre 2017) la terza sezione della Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali, non può ritenersi sussistente l’elemento soggettivo del reato qualora, a fronte di una crisi di liquidità, l’imprenditore abbia consapevolmente scelto di far fronte agli adempimenti verso i dipendenti lavoratori, tutelati dalla Carta Costituzionale.
Pertanto, a detta della Corte di Cassazione, “può escludersi il dolo generico del soggetto agente, per mancanza della consapevolezza dell’illiceità dell’omesso versamento delle ritenute certificate, ex art. 10 bis del d.lgs. n. 74 del 2000, quando la decisione di pagare dipendenti in preferenza rispetto al fisco, derivi dalla convinzione che gli stessi abbisognino dell’immediata corresponsione (non di somme di denaro di per sé, bensì) di “mezzi di sostentamento necessari” per loro e per le loro famiglie”.
Sul punto, la Cassazione ricorda che per integrare il reato in questione è sufficiente il dolo generico, il quale non può tuttavia essere scisso dalla consapevolezza delle illeceità della condotta che viene investita dalla volontà: “la piena consapevolezza della illiceità della condotta che si pone in essere non può, in effetti, mancare nel dolo in un reato come quello in esame, fattispecie propria di chi assume ex lege la funzione di sostituto d’imposta, funzione di assoluto rilievo nel sistema fiscale”:
Secondo un costante orientamento giurisprudenziale, infatti, la scelta di non pagare prova il dolo: il che significa, secondo la sentenza in esame, “che il dolo non viene integrato dall’omesso pagamento di per sé, ma da una scelta consapevole, appunto, della illiceità della condotta rappresentata dall’omesso pagamento”.
La corte territoriale, che ha giudicato il caso nel corso del secondo grado, si è attestata sulla carenza di forza maggiore impeditiva della condotta, ovvero sulla prova, che ha reputato raggiunta, della sussistenza della liquidità per effettuare il versamento.
Secondo la Suprema Corte di cassazione, invece, la Corte di Appello “avrebbe dovuto accertare in modo completo la fattispecie criminosa, ovvero anche in relazione all’elemento soggettivo, non potendo a priori escludere che la convinzione che i dipendenti necessitassero l’immediata corresponsione (non di somme di denaro di per sé, bensì) di mezzi di sostentamento necessari per loro e per le loro famiglie, se realmente fosse stata propria della imputata e se realmente l’avesse indotta a pagarli a costo di omettere il versamento delle ritenute, fosse stata nel caso concreto compatibile con il dolo del reato in questione, ovvero con una contestuale consapevolezza di illiceità”.