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COSA è LA PRESCRIZIONE IN CAMPO PENALE?

Le riforme annunciate dall’attuale Governo in tema di prescrizione hanno fatto si che di tale istituto non si parlasse solo nelle aule dei tribunali e da parte degli addetti ai lavori ma diventasse argomento di interesse più popolare.

E’ necessario, pertanto, dare qualche chiave di lettura per capire meglio le molteplici discussioni politiche – e non – che ruotano intorno alle modifiche di questo istituto.

Innanzi tutto è doveroso riferire che l’istituto della prescrizione opera in campo civile e penale.

In ambito civile, si dice prescritto il diritto soggettivo che il titolare non esercita nel periodo indicato dalla legge.

L’istituto in parola trova il suo fondamento razionale nell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici.

In diritto penale, è causa di estinzione del reato, poiché rappresenta il tempo, stabilito per legge, concesso dallo Stato per perseguire un reato ed esercitare l’azione penale; qualora quel tempo si esaurisca non è più possibile indagare ovvero procedere nei confronti di chi è stato individuato come possibile autore del reato.

Gli articoli dal 157 al 161 del Codice Penale disciplinano l’istituto in parola, stabilendone le modalità dii decorrenza, sospensione, interruzione nonché gli effetti.

Circa la natura e la finalità dell’istituto, si riporta un importante passaggio della sentenza della Suprema

Corte di Cassazione che, a Sezioni Unte (Corte. Cass. S.S.U.U., sent. 5 maggio 2007, n. 21883) ha riferito come “l’istituto della prescrizione trova il suo fondamento razionale nell’interesse genale di non perseguire più i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venire meno o notevolmente attenuare l’allarme della coscienza comune e con esso ogni istanza di prevenzione generale e speciale”.

E’ evidente pertanto come la prescrizione sia uno dei principi cardine del c.d. “giusto processo” sancito dall’art. 111 della carta costituzionale, che contempla, tra l’altro, il diritto dell’imputato a un giusto processo in tempi ragionevoli (superati i quali il reato si estingue).

Il trascorrere del tempo può infatti inficiare sia l’efficacia dell’azione penale sia, dato ben più importante, lo stesso diritto di difesa.

Ma come si calcola la prescrizione?

Il corso della prescrizione inizia a decorrere dal giorno della consumazione del reato (nel caso di reato consumato) ovvero dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole (reato tentato) e dal giorno in cui è cessata la permanenza (reato continuato).

In linea generale, a parte alcune singole e specifiche eccezioni, al fine di determinare il tempo necessario a prescrivere si deve fare riferimento alla pena massima stabilita dalla legge per il reato contestato, con un minimo di 6 anni per i delitti (fattispecie di reato puniti con le pene della reclusione e della multa) e di 4 anni per le contravvenzioni (fattispecie punite con ammenda e arresto).

In questo calcolo non deve tenersi conto delle circostanze aggravanti (che determinano un aumento di pena) né di quelle attenuanti (che determinano cioè una diminuzione della pena, ma occorre tenere conto di 2 tipi di circostanze: quelle che determinano un aumento di pena superiore ad 1/3 (cd. circostanze ad effetto speciale), e di quelle che comportano una pena di specie diversa (cd. circostanze speciali).

Deve tenersi conto, tuttavia, del fatto che la legge prevede delle cause di sospensione e di interruzione del corso della prescrizione che aumentano inevitabilmente un aumento del termine per prescrivere di ¼ del termine.

Da ultimo è opportuno ricordare come l’articolo 157 c.p.  (che, come detto, è quello che si occupa in generale dell’istituto in commento) stabilisce poi che la prescrizione può essere sempre espressamente rinunciata dall’imputato, solo nel momento in cui la prescrizione sia maturata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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