Art. 570 c.p.: “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro”.
Ai sensi dell’art. 570 c.p., modificato dal d.lgs. n. 154/2013, l’inadempimento all’obbligo di pagamento dell’assegno di mantenimento, in caso separazione o divorzio, può configurare altresì l’estremo di un reato entro i limiti stabiliti dalla medesima disposizione.
Si tratta all’uopo di un reato che si configura, non in presenza di una semplice omissione di pagamento dell’assegno stabilito dal giudice, ma quando l’omissione è intenzionalmente preordinata a privare materialmente il coniuge, o i figli, dei mezzi di sussistenza primaria, creando in tal modo una condizione di disagio in relazione alle basilari esigenze della vita quotidiana.
La violazione degli obblighi di assistenza familiare, ha condotto la giurisprudenza prevalente a ritenere che il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge beneficiario, o dei figli, integri di per sé illecito penale, ma che al fine di applicare le conseguenze penali derivanti dall’omissione di pagamento del mezzo di sostentamento, è necessario che il giudice, oltre a verificare la capacità effettiva del coniuge obbligato di dare attuazione concreta all’obbligazione imposta, accerti che l’omissione abbia effettivamente privato i beneficiari dei mezzi di sopravvivenza e che la violazione sia addebitabile all’esclusiva e colposa volontà dell’obbligato e non ad una certa impossibilità di adempiervi.
Da tale impostazione ne discende che, ai fini della inapplicabilità delle sanzioni previste dal reato integrato, l’incapacità economica dell’obbligato, intesa come impossibilità oggettiva di far fronte agli adempimenti sanciti dal provvedimento giudiziale, a seguito di separazione o divorzio, deve configurarsi, dunque, come un’assoluta, persistente, ed incolpevole indisponibilità di introiti economici.
Al contrario, laddove si accerti che nel periodo in cui si era verificato l’inadempimento l’obbligato avesse percepito somme, seppur modeste, omettendo comunque di garantire il sostentamento sancito giudizialmente, il giudice deve dare applicazione alle pene previste dalla legge.
L’art. 570 c.p. nel prevedere al secondo comma i casi di omissione per la configurabilità dell’inadempimento come reato (chi malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge; chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa) limitava, si può bene dire, a tali ipotesi l’applicabilità delle sanzioni penali in ipotesi di omissione del pagamento dell’assegno.
Attraverso il d.lgs. n. 21/2018 in vigore dal 06 aprile 2018 l’art. 570 bis c.p., in un’ottica di ampliamento delle tutele e delle condotte integranti gli estremi del reato, rispetto a quelle previste dall’art. 570 limitante la pena al genitore che faceva mancare i mezzi di sussistenza ai propri discendenti in maniera generica e rimettendo poi al giudice la valutazione della gravità dell’inadempimento e l’inflizione della pena, ha sancito l’applicabilità delle sanzioni penali al coniuge che si sottrae, con qualsiasi condotta, all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio.
La legge quindi, nel prevede che “Le pene previste dall’art. 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”, amplia il campo di applicazione della sanzione penale a tutte le situazioni di omissione all’obbligo di versare il contributo al mantenimento, salvo i casi in cui ne sussistano gravi e giustificati motivi tali da escludere la responsabilità dell’obbligato, e garantisce ai beneficiari la possibilità di esperire in tutti i casi di inadempimento i rimedi penali previsti.
Va però osservato che il legislatore, nel dare ampliamento alle condotte che potessero integrare gli estremi del reato derivante dal mancato pagamento dell’assegno, ha omesso di stabilire in maniera puntuale, proprio in ragione della maggiore tutela che la norma vuole prestare ai beneficiari, sia la disciplina riguardante il mancato pagamento delle spese straordinarie e cioè se l’omissione di tali importi integri o meno l’ipotesi di un reato, ovvero sia circoscritto all’importo previsto a titolo di mantenimento sic et simpliciter, sia di stabilire, facendo espresso richiamo al matrimonio, se il reato possa considerarsi integrato anche nel caso di omissione dell’obbligo al mantenimento in ipotesi di coppie di fatto e coppie same sex.
L’auspicio è che il legislatore, proprio in virtù di quell’idea volta all’ampliamento della tutela nei confronti delle parti deboli della “famiglia”, detti una disciplina più completa.