Al professionista avvocato capita sovente che si rechino da lui molte persone che lamentano di aver subito un torto, ma non ritengano opportuno sporgere denuncia/querela avanti le competenti Autorità per il timore che, in caso mancato riconoscimento giudiziale di eventuali responsabilità in capo al soggetto denunciato, possa dare avvio a un procedimento penale per i delitti di simulazione di reato ex art. 367 c.p. o di calunnia ex art. 368 c.p. in capo al soggetto querelante.
La sentenza che si illustra –la quale riprende numerose e recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione – sottolinea come tale eccesso di prevenzione appaia assolutamente privo di ragionevole fondamento.
La pronuncia del Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Torino (Sentenza GUP Torino, 2015, reato calunnia) richiama l’orientamento giurisprudenziale maggioritario in tema del reato di calunnia (368 Codice Penale) secondo il quale: “la prova dell’elemento soggettivo può desumersi dalle concrete circostanze e modalità esecutive dell’azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico-deduttivo, è possibile ritenere alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volontà di un’accusa mendace nell’ambito di una piena rappresentazione del fatto attribuito all’incolpato” (Cass. Pen., Sez. VI, 22 gennaio 2014, n. 10289).
Ed ancora riprende una sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 2009 che sottolinea come : “La consapevolezza del denunciante circa l’innocenza dell’accusato è esclusa qualora sospetti, congetture o supposizioni di illiceità del fatto denunciato siano ragionevoli, ossia fondati su elementi di fatto tali da ingenerare dubbi condivisibili da parte del cittadino comune che si trovi nella medesima situazione di conoscenza” (Cass. Pen., Sez. VI, 6 novembre 2009, n. 46205).
Il delitto di calunnia – che rientra tra i reati a tutela della corretta amministrazione della giustizia – ha quindi il solo fine di impedire che la macchina della giustizia venga messa in moto per perseguire ipotesi di reato radicalmente inventate dal querelante oppure per avviare indagini nei confronti di persone di cui il querelante abbia piena consapevolezza della loro innocenza.
Quindi, concludendo, qualora il loro ambito di applicazione finisca per ricomprendere anche i casi di denunce/querele in cui il denunciante abbia un fondato e ragionevole dubbio sulla illiceità dei fatti ivi segnalati, è evidente che tale delitto troverebbe, almeno in astratto, applicazione anche in tutte le ipotesi di archiviazione o di assoluzione nel merito, stravolgendo così il bene tutelato dalla norma, ossia il corretto esercizio dell’amministrazione della giustizia, la quale, è bene ricordarlo, viene anche correttamente e doverosamente amministrata anche nelle ipotesi in cui un procedimento venga avviato genuinamente e si concluda, altrettanto genuinamente, con un’archiviazione o con un’assoluzione.