I video prodotti da impianti di videosorveglianza privata installati sui immobili di proprietà possono essere utilizzati in giudizio quale legittima prova anche se riprendono l’ingresso, il cortile e i balconi del domicilio di terzi.
Lo ha chiarito la quarta Sezione della Cassazione, con la sentenza n. 39293/18, depositata il 30 agosto.
Infatti, secondo il più recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione “le videoriprese eseguite da privati mediante telecamera esterna installata sulla loro proprietà, che consentono di captare ciò che accade nell’ingresso, nel cortile e sui balconi del domicilio di terzi” sono legittime e pienamente utilizzabili.
Infatti, i terzi, rispetto alle azioni si compiono nei luoghi sopra indicati non possono vantare “alcuna pretesa al rispetto della riservatezza, trattandosi di luoghi che, pur essendo di privata dimora, sono liberamente visibili dall’esterno, senza ricorrere a particolari accorgimenti” .
Per tali motivi devono considerarsi come prove atipiche, di cui all’art. 189 c.p.p. (prove non disciplinate dalla legge), ossia pertinenti, devono essere idonee ad assicurare la libertà morale della persona-fonte di prova, sulla base del principio di cui all’art. 188 c.p.p. e non vietate dalla legge.
Trattandosi di un mezzo di prova atipico, appunto non regolamentato, sarà il giudice a prescrivere le modalità della sua assunzione dopo aver sentito le parti sul punto.