Nel caso di uno stupro, se la vittima è ubriaca per avere assunto volontariamente alcol, alla pena non può essere aggiunta l’aggravante del ricorso a sostanze alcoliche o stupefacenti.
Deve essere invece esclusa la contestata aggravante di cui all’art. 609 ter comma 1 c.p. n. 2, in quanto l’assunzione di alcol è avvenuta volontariamente da parte della vittima.
Ai fini dell’aggravante in questione, al contrario, l’uso di sostanze alcoliche avrebbe dovuto essere necessariamente strumentale alla violenza sessuale, dunque con somministrazione da parte del soggetto attivo alla vittima.
Invece l’uso volontario, si è visto, va ad incidere sulla valutazione del valido consenso, ma non anche sulla sussistenza dell’aggravante de quo.
I giudici della Cassazione hanno stabilito, infatti, che se da un lato non si può sostenere che una donna ubriaca possa aver prestato un “consenso valido” ad un atto sessuale, ritenendo quindi i colpevoli dello stupro di gruppo, hanno anche stabilito che, per applicare l’aumento di pena, l’alcol debba essere imposto contro la volontà della persona offesa.
Il principio espresso nella sentenza del 20 luglio 2018 n. 34262 è il seguente: ”l’assunzione volontaria dell’alcol da parte della vittima esclude la sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 609-ter, comma 1, numero 2, del Cp, poiché la norma prevede l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti (o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa): l’uso delle sostanze alcoliche, quindi, deve essere necessariamente strumentale alla violenza sessuale, ovvero deve essere il soggetto attivo del reato che usa l’alcol per la violenza, somministrandolo alla vittima. Al contrario, l’uso volontario incide sì sulla valutazione del valido consenso (nella specie, è stata tra l’altro ravvisata l’aggravante di cui all’articolo 609-bis, comma 2, n. 1, del Cp), ma non anche sulla sussistenza dell’aggravante”.